L’efficacia dello smart-working, la bellezza del tempo rallentato, l’utilità enorme della tecnologia, l’importanza essenziale di un adeguato sistema sanitario (pubblico), l’alto valore della ricerca, l’improrogabilità del rinnovamento dell’istruzione, la profonda necessità di un’Europa dei popoli (e non delle banche), il tema essenziale del merito e della preparazione per chi governa, la vitale necessità di salvare il nostro pianeta (smettendola di distruggerlo), il primato dell’essere umano e del suo diritto alla vita.
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Il coronavirus, la pandemia ed il totale isolamento cui è costretto il mondo intero ci stanno restituendo un quadro della vita completamente diverso. La forzata quarantena ha indotto ciascuno di noi a mettere in discussione uno stile di vita tanto consolidato quanto opinabile. Abbiamo dovuto mettere in discussione cose positive e cose negative, e a ben vedere, se sapremo cogliere tutte le sfumature e guardare al di là della contingenza, riusciremo a scorgere orizzonti inimmaginabili solo fino a due mesi fa e (auspicabilmente) a rivedere il nostro approccio alla vita e alle cose.
Sostenibilità. Una delle prime immagini restituite dalle politiche di lock-down sono state il Nord Italia e la Cina senza inquinamento. Vista la differenza fra prima e dopo, probabilmente non è poi così difficile rinunciare all’auto oppure switchare su quella elettrica. Se ci si deve muovere, è finalmente arrivato il momento che governi e produttori di auto si spostino decisamente e senza ulteriori indugi verso la e-mobility.
Smart-working. Lavorare da casa non è più una roba da sfaticati o sfigati! Si può lavorare da casa e addirittura aumentare la produttività perché si conquista il proprio spazio ed il proprio tempo. E tanti manager e imprenditori pseudo illuminati che pretendono il controllo totale sullo spazio-tempo dei lavoratori (una categoria destinata per fortuna all’estinzione) stanno realizzando che con il lavoro in remoto si decongestiona l’ufficio, si risparmiano alti costi di gestione (necessità di spazi minori, utenze ridotte, e così via), si beneficia di collaboratori più positivi, più produttivi e più motivati. Alla fine di questa emergenza, auspicabilmente lo smart-working potrebbe diventare una condizione di normalità del lavoro, con incontri settimanali per poi organizzare l’ufficio da casa. Con aumentata felicità!
Tecnologia e istruzione. La pandemia ha fatto esplodere molte inadeguatezze sia a livello di infrastruttura (pensiamo ai sovraccarichi di rete) sia a livello di piattaforme (pensiamo alle difficoltà nel set-up del distance learning per la scuola italiana) sia a livello di cultura. In questi giorni, ho scoperto che non esiste una piattaforma tecnologica unica per il sistema pubblico di istruzione, e ciascuna scuola adotta le scelte di plesso. Pur nel pieno rispetto dell’autonomia, sarebbe fantastico se fosse creato un protocollo tecnologico unico a livello ministeriale in modo da consentire di parlare tutti la stessa lingua, evitare dispersione di risorse e concentrare gli investimenti per renderli più produttivi. La fine della pandemia deve portare ad un allargamento dell’uso massivo della tecnologia nell’istruzione ed alla diffusione di una più robusta cultura digitale che non vuol dire far coding, ma andare verso il concetto di singularity fra tecnologia ed educazione. I sistemi di istruzione andranno completamente rinnovati.
Sistema Sanitario. L’aspetto più eclatante della pandemia è stato proprio la necessità di investire massicciamente sui sistemi sanitari, oggetto di tagli folli e senza criterio nel corso degli anni, che hanno minato lo stesso diritto alla salute. Le immagini agghiaccianti degli ospedali saranno impresse per sempre nella nostra mente. Le discriminazioni dei sistemi sanitari di altri Paesi (come gli USA) hanno inoltre evidenziato l’importanza straordinaria del nostro sistema sanitario pubblico, perché la salute è e deve essere un diritto di tutti.
Ricerca Scientifica. L’uso massiccio della tecnologia e l’innovazione dei sistemi di istruzione devono necessariamente far quadrato con un cospicuo e costante investimento in ricerca e sviluppo, costante e crescente nel tempo. In piena emergenza, la talentuosa creatività italiana è riuscita a convertire una maschera sub di Decathlon in un respiratore e a duplicare l’uscita di un ventilatore polmonare per raddoppiare i posti in terapia intensiva. Figuriamoci cosa farebbe il genio italiano se disponesse di strutture, infrastrutture e risorse per una sistemica attività di ricerca e sviluppo per migliorare la qualità della vita e rendere il diritto fondamentale alla vita, un diritto assoluto e inderogabile.
Stati Uniti d’Europa. Sono ancora un europeista convinto, ma questa pandemia ha messo in evidenza tutti i limiti di una Europa fatta male e gestita peggio. È impensabile ricevere aiuti dalla Cina, dalla Russia e da Cuba, mentre la Germania si limita a ospitare 7 malati e basta. Esattamente come è ormai inammissibile che l’Europa continui ad essere il bancomat della Germania e della Francia. Bisogna andare, e di gran carriera, verso gli Stati Uniti d’Europa e dei popoli europei, a preservare l’autonomia, la storia e la tradizione del Vecchio Continente autonomo rispetto al blocco americano e a quello asiatico (perché gli aiuti di Cina e Russia non sono solo umanitari, ma il tentativo di lanciare un credito da riscuotere dopo!).
Politica e merito. Come se non bastasse, la pandemia ci ha anche restituito l’immagine di una classe politica non sempre all’altezza e spesso improvvisata. Ho trovato agghiacciante non sentire ma il Ministro della Salute oppure quello dell’Interno, per non parlare del Ministro degli Esteri. Ho citato i dicasteri più strettamente coinvolti con la gestione della pandemia. Il mio augurio è che ciascun italiano se ne ricordi bene alle prossime elezioni, perché sia per la gestione dell’emergenza sanitaria sia di quella economica (che sarà grave e lunga) servono capacità e competenze solide e robuste, non aria fritta.
Tempo rallentato. Ciascuno è stato costretto a riappropriarsi di uno spazio e di un tempo diventati tristemente sconosciuti. I momenti tra le mura domestiche, diventati poi giorni e settimane, durante i quali si è potuto leggere, ascoltare musica, guardare serie TV, passare del tempo con i bambini inventando giochi e attività per tutti. La fine dell’emergenza deve lasciare questa dimensione ricordando a ciascuno di noi l’importanza di certe cose.
Il mio augurio è che questa pandemia ci lasci la gratitudine come mantra di ogni essere umano! La gratitudine rende la vita e le persone migliori in molti e diversi aspetti. Un’alba, il mare, una montagna, il profumo dei fiori, gli uccelli, una passeggiata, giocare con i propri figli sono tutti doni di cui essere grati! Uno dei modi più importanti in cui la gratitudine migliora la vita è attraverso la cooperazione che richiede condivisione delle risorse da parte delle persone per ottenere qualcosa che sarebbe stato impossibile, o molto difficile, ottenere da soli. Ciascuno dovrebbe imparare ad essere più tollerante e aperto verso la cooperazione e l’aiuto per gli altri e dagli altri. In qualche modo, la pandemia sta mettendo in risalto la fragilità ma anche la grandezza dell’essere umano per un nuovo Rinascimento!
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