Proviamo a tracciare la mappa genetica del successo di un fenomeno globale che ha consacrato definitivamente e da protagonista assoluto Netflix nell’industria dei media.
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Recentemente, è andata in onda la quarta serie de La Casa di Carta, la serie in assoluto più popolare nel 2019 e che è risultata la serie più scaricata nel 2020! Realizzata e prodotta da Netflix, credo rappresenti l’esempio più lampante di quanto sia stata dirompente la capacità innovativa di contenuti di Netflix, arrivata a operare in quasi 200 paesi con 167 milioni di abbonati.
Ma perché La Casa de Papel ha avuto un successo così clamoroso?
La trama, la bravura degli attori, l’intreccio narrativo, hanno bucato la televisione. Magari non vincerà premi, ma di sicuro La Casa di Carta piace da impazzire perché fa parte di ciò che quel pubblico vuole. Altre serie e altri film vincono premi e sotto molti versi sono facilmente definibili migliori, ma a moltissimi spettatori piacciono meno. E alla fine è il pubblico (cioè il mercato) a decretare il successo di un prodotto, non i critici!
Per chi non la conosce o non l’avesse mai vista, si tratta di una storia semplice ma molto vivace nella sua evoluzione: un gruppo di criminali senza niente da perdere, ognuno con un soprannome di una città, prova a fare la rapina del secolo (in due posti complicatissimi). Appena dopo l’inizio della prima puntata della prima stagione, si innescano intrecci tra i banditi, i loro ostaggi, i poliziotti e (colpo di scena!), la folla, che si schiera nettamente in favore di … (basta con gli spoiler!). In ogni episodio, ci sono colpi di scena ed il giusto mix fra scene d’azione, momenti tranquilli, passaggi drammatici e dialoghi divertenti.
La serie nasce dalla penna di Álex Pina, ex giornalista diventato sceneggiatore, già autore di altre serie (come Vis a Vis, anch’essa arrivata su Netflix), e che nel 2016 fonda Vancouver Media, la sua casa di produzione. Per il suo primo progetto decise di narrare la storia di una rapina, un tema poco esplorato nelle serie televisive. La serie fu trasmessa su Antena 3, uno dei più seguiti canali televisivi spagnoli: la prima parte della prima stagione andò in onda il martedì sera, tra maggio e giugno, mentre la seconda parte, spostata al lunedì, fu trasmessa tra ottobre e novembre, con dimezzamento dell’audience.
Complessivamente un buon risultato con 4 milioni di spettatori, ma nulla che facesse presagire un possibile futuro fenomeno globale!
Poi, l’illuminazione folgorante di Netflix: dapprima, nel luglio 2017, dopo che Antena 3 aveva trasmesso la prima parte della prima stagione, Netflix Spagna manda online la prima parte della serie (sulla base di un accordo simile a quello fatto con la Rai per Don Matteo). Nonostante i non entusiasmanti risultati, l’intuizione di qualcuno spinse Netflix a decidere di acquisire i diritti per trasmettere in tutto il mondo. Allo scopo, Netflix cambiò qualcosa: montò in modo diverso le puntate per passare dai 15 episodi lunghi oltre un’ora, ai 22 episodi di 45-50 minuti ciascuno. Questo è stato il primo colpo di genio: ci sono talmente tanti colpi di scena in ogni episodio, che farne finire uno per tenere incollata la gente allo schermo si è rivelato un gioco magicamente perverso!
Ma la svolta arriva nel luglio 2018, quando la serie diventa una serie Netflix a tutti gli effetti con un accordo direttamente con l’autore per la realizzazione insieme di una seconda stagione La terza parte arrivò online tutta insieme, come da tradizione Netflix, nel luglio 2019, con 24 milioni di spettatori a guardarla in meno di una settimana (fonte: Netflix).
Per spiegare il successo si va dall’uso delle maschere di Salvador Dalì all’uso di slogan perfetti per diventare meme su internet; dall’uso di elementi spagnoli all’uso bilanciato di elementi internazionali (come la canzone “Bella Ciao”); dalla comparsa di problemi sempre nuovi da risolvere ai cambiamenti nelle alleanze e nelle gerarchie fra i rapinatori; dalla forte tipizzazione psicologica dei singoli rapinatori al “professore”, la geniale mente, il leader dei colpi, l’anima e colui che tiene insieme categorie umane diversissime tra loro.
È indubbio che la serie sia in qualche modo “anti-sistema” e sfrutti un’onda favorevole legata a diversi tipi di proteste che proprio tra il 2018 e il 2019 ebbero successo in diverse aree del mondo (qui, l’uso di big data dei 164 milioni di abbonati a Netflix ha fatto l’altra differenza!). L’algoritmo della piattaforma, che l’ha proposta ad un numero di utenti sufficiente per fare sì che se ne parlasse, ha fatto il resto.
Non piacerà a molti critici ma si tratta di un prodotto efficace e godibile agli occhi di moltissimi. Ha avuto la fortuna e il merito di farsi strada quel tanto che bastava per far capire a Netflix che doveva puntarci forte.
Il suo successo dice molto del successo di Netflix: puntare su produzioni locali da portare sulla piattaforma globale, lasciare libertà creativa agli autori che però possono beneficiare di incredibili insight dall’enormità di dati di cui dispone, incrementare l’offerta di serie per avere maggiori probabilità di un altro successo clamoroso. Intanto, aspettiamo la quinta serie che credo supererà in termini di successo la quarta grazie all’effetto di sospensione nel finale generato dalla pandemia!
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