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Inutile sperare in un Paese migliore quando, pur vivendo in un mondo globale e integrato, c’è gente che, invece di andare allo stadio per divertirsi, insulta una città o il colore della pelle!

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Lo scorso 26 dicembre, la partita Inter-Napoli è stata anche la partita dei “buuu” e dei cori razzisti rivolti a Kalidou Koulibaly, il difensore senegalese che gioca nel Napoli. Il giocatore è stato anche espulso sul finire della gara quando, dopo un’ammonizione e con i nervi ormai saltati dopo quasi un’ora e mezza di insulti, ha applaudito l’arbitro che lo ha mandato fuori.

Sulla vicenda sono intervenuti tutti: dai messaggi di solidarietà di Mauro Icardi, il giocatore più rappresentativo della stessa Inter, a quelli di Cristiano Ronaldo, fino ad arrivare alle apprezzatissime scuse del Sindaco di Milano, Sala. Si sono mossi sia i massimi livelli istituzionali del calcio mondiale, FIFPro (l’associazione internazionale di calciatori) e Uefa, che hanno condannato congiuntamente le offese razziste, sia naturalmente le autorità calcistiche italiane, che hanno sanzionato l’Inter con due partite da giocare a porte chiuse e con la chiusura parziale dello stadio per una terza gara casalinga. Non so quanti siano i fenomeni di idiozia e pochezza che hanno intonato questi canti razzisti che, nonostante gli annunci fatti dallo speaker dello stadio, non si sono fermati. La cosa triste è che si chiuda uno stadio intero, un posto dove si dovrebbe andare per divertirsi, magari portando i bambini, per vivere una delle forme di intrattenimento più amate dagli italiani. Credo che meglio di tutti sia stato proprio Koulibaly a stigmatizzare il comportamento di questi imbecilli che hanno trasformato un momento di intrattenimento (perché ricordo che il calcio è uno sport per intrattenere) in un unico, grande coro razzista. Il suo tweet dice: “Mi dispiace la sconfitta e soprattutto aver lasciato i miei fratelli! Però sono orgoglioso del colore della mia pelle. Di essere francese, senegalese, napoletano: uomo!”

Koulibaly si dice dispiaciuto di aver dovuto lasciare i suoi fratelli, a testimoniare che lo sport deve contribuire a costruire legami forti, di fratellanza, appunto, unendo e non dividendo!

Si dice orgoglioso del colore della sua pelle, perché mi fa venire i brividi che all’alba del 2019 si facciano ancora questioni di colore della pelle invece di pensare a quanto ci si possa arricchire attraverso l’integrazione di culture, etnie e provenienze diverse. Poi, chi ruba, uccide e stupra è un delinquente a prescindere, indipendentemente da colore e nazionalità, e non ha nulla a che fare con il razzismo e l’immigrazione.

Si dice anche orgoglioso di essere francese e senegalese, perché un uomo vero si dimostra tale quando fa scelte difficili evitando scorciatoie, come ha fatto Koulibaly quando ha deciso di giocare con il Senegal invece che con la Francia, con cui avrebbe potuto vincere il Mondiale.

Infine, si dice orgoglioso di essere napoletano, perché in fondo quei cori non erano solo per il colore della pelle ma anche per una città in cui molti aspettano ancora che il Vesuvio lavi tutti col fuoco!

In un video mandato l’altro giorno da Rainews 24, si vede un tifoso che durante la partita a Londra tra Chelsea e Manchester City dello scorso 8 dicembre, lancia insulti razzisti ad un giocatore. Non si trattava di un hooligan ma di un distinto manager di 60 anni che adesso è finito male: è stato licenziato in tronco, bandito in modo permanente dal Chelsea e adesso rischia una pesante condanna penale. Questo servirebbe in Italia: non chiudere gli stadi ma usare tutti gli strumenti tecnologici e non per identificare questi ignoranti e comportarsi di conseguenza! Se si vogliono fare le cose serie senza demagogia!

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