Sostenibilità è una parola molto usata e abusata, che non è il prodotto di una moda del momento, ma un vero approccio alla vita di una persona o di un’azienda
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Il cambiamento climatico rimane uno degli aspetti più dibattuti e di maggiore preoccupazione perché fondamentalmente mina molti diritti, come il diritto alla vita, al cibo sano, alla salute, creando forti ingiustizie per le generazioni future.
I cambiamenti climatici ci sono sempre stati: sette ere glaciali, con l’espansione e la contrazione dei ghiacciai, negli ultimi 650.000 anni, di cui l’ultima conclusa circa 11.000 anni fa. Al di là di questi drastici cambiamenti, molte civiltà sono state devastate dagli effetti di condizionamenti climatici anche locali: i Maya, l’impero Khmer del sud-est asiatico, i coloni vichinghi della Groenlandia sono tutte civiltà estinte perché colpite dai cambiamenti climatici che fanno parte della vita.
Il problema nasce quando si sovraccaricano le risorse naturali in termini di consumo e sfruttamento. Dalla Prima Rivoluzione Industriale ad oggi, sono state pompate nell’atmosfera quantità crescenti di gas inquinanti, innescando un tasso di riscaldamento pari a circa 1°C, secondo l’IPCC che stima anche che tra il 2030 e il 2052, il riscaldamento globale raggiungerà un aumento di 1,5°. Questo significherebbe mettere tra il 20% e il 30% delle specie animali sulla via dell’estinzione, senza contare l’innalzamento del livello del mare e flussi migratori di massa. Per questi ed altri motivi, l’attenzione al cambiamento climatico ed ai fattori che lo stanno determinando è altissima da parte di governi, ONG, istituzioni, aziende, cittadini, che sono votati alla sostenibilità.
Ma siamo sicuri che le aziende stiano attuando politiche davvero sostenibili?
Per sostenibilità si intende la possibilità di mantenere una situazione indefinitamente, senza consumare risorse o danneggiare l’ambiente. Il principio è che le risorse non vanno utilizzate sopra la loro capacità riproduttiva, e le produzioni non devono creare scarti che si accumulano e danneggiano l’ambiente.
Di conseguenza, le aziende sono le prime a poter incidere in modo determinante su questi aspetti e molte si sono lanciate in politiche di sostenibilità che hanno riguardato in tutto o in parte i loro cicli produttivi, usando solo materie prime locali, materiali riciclati, riducendo i consumi energetici e usando energia elettrica prodotta con fonti rinnovabili allo scopo di abbattere drasticamente le emissioni di anidride carbonica. Ci sono però settori che potrebbero fare molto di più, a cominciare dall’industria alimentare, perché la sostenibilità nell’agroalimentare significa non solo evitare tassativamente diserbanti e fitofarmaci, ma anche rame (usato per proteggere i raccolti da varie infestazioni). Infine, c’è il tema delle coltivazioni intensive e della monocoltura, che non aiutano la biodiversità e la sopravvivenza delle specie selvatiche. La vera agricoltura biologica è biodiversità e rispetto del ciclo della vita dell’ecosistema complesso di cui facciamo parte.
Altro settore particolarmente sensibile è l’auto, che resta il fattore più determinante nel processo di cambiamento climatico. Il tema della mobilità elettrica è centrale: nonostante siano stati fatti numerosi sforzi dal lato delle infrastrutture per dotare città e reti viarie delle colonnine di rifornimento elettrico, il ruolo decisivo spetta ai produttori di auto, che devono spingere di più sulle auto elettriche o ibride.
La sfida che il nostro mondo deve affrontare a causa dei cambiamenti climatici è qualcosa che non dovrebbe essere sottovalutato. Ma nessuno dei due è causa di sconforto. Perché a differenza dei Maya, della Mesopotamia e di altre antiche civiltà, nel 21° secolo abbiamo competenze, mezzi e risorse per fare qualcosa di concreto e determinante.
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