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Un dramma umano che sta raggiungendo le dimensioni di un’apocalisse. E nessuno muove un dito!

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Chi ha meno da di più. Sembra proprio quello che sta accadendo con il numero senza precedenti di rifugiati che sono stati costretti a fuggire dalle loro case e dai loro Paesi. Le ultime ricerche condotte dall’organizzazione per i diritti umani, Amnesty International, hanno rivelato che su 193 paesi, 10 di loro ospitano oltre la metà dei rifugiati del mondo. Ma quei 10 paesi sono anche tra i più poveri al mondo. Pagano solo il prezzo di essere vicini ad una crisi.

Immagine: Amnesty International

 

Secondo Amnesty, i paesi ricchi come quelli dell’Unione europea si stanno sottraendo alle loro responsabilità invece di affrontare la questione. L’UE ha eretto barriere alle frontiere, ha schierato un numero sempre maggiore di militari di frontiera e ha stretto accordi con i paesi vicini per tenere lontane le persone.

I 10 paesi che sopportano il peso sono al punto di rottura, mettendo i rifugiati in situazioni sempre più vulnerabili. In Pakistan, il terzo Paese col maggior numero di rifugiati, le autorità hanno inviato più di 10.000 fuggitivi afghani. In Kenya, sede di uno dei più grandi campi profughi del mondo, Dadaab, gli sfollati vengono costretti a tornare in Somalia. I 21 milioni di persone che sono state costrette a fuggire costituiscono solo lo 0,3% della popolazione del pianeta. Se ogni paese aumentasse la sua quota di rifugiati solo di una frazione, la crisi sarebbe più che gestibile secondo il rapporto di Amnesty.

Ho avuto la possibilità di fare un’esperienza indiretta su Al Zaatari Camp, il campo profughi costruito dal governo giordano per accogliere i profughi siriani. Il campo oggi conta 90.000 persone, insomma una città, abitata però da gente scappata nel 2011 dal proprio Paese per sopravvivere che ha dovuto crescere li i bambini. Una città senza strade, con acqua in parte razionata, con l’energia elettrica somministrata 12 ore al giorno. Persone che vorrebbero, se non ritornare a casa, solo la normalità.

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