La diffusione propagatasi ad una velocità impressionante sta mettendo le zone colpite ed il Paese intero in ginocchio. Ma perché tutto questo?
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Ho cercato di resistere e di non unirmi alla monumentale (per dimensioni!) schiera di opinionisti che scrivono fiumi di inchiostro su un fenomeno che minaccia di diventare una pandemia, un’epidemia globale! Ho cercato di resistere perché non volevo alimentare la schiera di virologi, infettivologi o divulgatori scientifici che sono aumentati improvvisamente (un po’ come accade per gli allenatori di calcio). Perciò mi limiterò ai fatti che mi hanno portato qualche interrogativo.
Il COVID19 è un virus geneticamente modificato (lasciamo in pace gli animali, con buona pace di Zaia), propagatosi in Cina lo scorso dicembre ma annunciato e conclamato solo a gennaio. Non mi scandalizza più di tanto la tardiva comunicazione, che di per se è un atto gravissimo, se penso che parliamo di un Paese in cui intere parti di Internet sono ancora censurate e se ripenso che l’Unione Sovietica ai tempi di Chernobyl fece qualcosa di simile. Il fatto è che il virus arriva in Italia: la somma di una serie di circostanze fortuite e sfortunate scatenano l’epidemia nel Bel Paese, in cui la propagazione è alta e veloce al punto da proiettare l’Italia al terzo posto del ranking mondiale per contagiati. Un disastro che si traduce in restrizioni agli ingressi degli italiani all’estero, voli annullati da e per l’Italia da parte di alcune compagnie, atteggiamenti ostili verso gli italiani diventati e percepiti come untori. L’Italia sta vivendo una sorta di contrappasso perché gli italiani stanno vivendo quegli stessi tristi respingimenti operati da Salvini, che, atteggiandosi a sceriffo, lasciava donne e bambini sulle navi in condizioni estreme. Ma non è tutto: non è stato l’africano a portare la malattia, ma addirittura un italiano manager tornato da un business trip dal Sol Levante. E, ciliegina sulla torta, non è stato un napoletano coleroso (lo dico da meridionale napoletano) ma addirittura un lumbard! Una riflessione provocatoria, evidentemente, che richiama tutti a darsi una regolata nei toni, nei modi e soprattutto anche nei contenuti. Viviamo in un mondo globale, dove bisogna agire localmente ma pensare globalmente, gestendo le politiche con coordinazione e soprattutto senso dello Stato e delle istituzioni, non dei social network.
Intanto, il virus dilaga ed il nostro tanto vituperato sistema sanitario sta reggendo botta alla grande. Certo, si potrebbe entrare in emergenza se il tasso e la velocita di contagio dovessero mantenersi così alti, a motivo del limitato numero di posti letto disponibili in terapia intensiva rispetto all’eventuale fabbisogno. Ma lo sforzo profuso da medici e paramedici merita un plauso ed un appoggio incondizionato da parte di tutti. Sfortunatamente, anche su questo versante ho scorto veri atti di sciacallaggio politico, con tentativi di aprire una crisi di governo per gestire l’emergenza. Ma in questo caso il discorso è più ampio perché Salvini è in buona compagnia. Di Maio, invece di essere il garante della politica estera italiana, si è avventurato in improbabili pronunce anglosassoni (se parli italiano, pronunci virus e non vairus, che usi se parli inglese). Ma questo è solo lo spunto (perché Di Maio ha realizzato performance ben superiori!) per una seconda riflessione: Salvini e Di Maio sono uno schiaffo alla bellezza ed alla cultura italiana, ai tanti giovani brillanti che hanno studiato e sono andati all’estero, raggiungendo traguardi prestigiosi, mentre l’Italia si ritrova col rosario di Salvini e con il vairus di Di Maio. Probabilmente, lo stesso governo avrebbe potuto alzare l’asticella della difesa tempo fa, senza chiudere le frontiere, ma magari creando un cordone sanitario sulle persone provenienti dalla Cina tracciandone i voli. E qui arriva l’ultima riflessione: perché questa emergenza così pressante? Va bene che il virus è nuovo, va bene che si manifesta nella parte bassa del sistema respiratorio, va bene che è più contagioso, ma in passato abbiamo avuto a che fare anche con Sars e Aviaria. Qui c’è qualcosa che mi sfugge e lascio sospeso perché non mi piace fare ipotesi e congetture.
Ad ogni modo, mi resta la conclusione: adesso è il momento di lasciar fare a medici e paramedici, con l’auspicio che possano aiutare le persone colpite a guarire e recuperare in fretta, ed alla Protezione Civile ed al Sistema Sanitario, con l’auspicio che riescano a contenere al massimo il contagio. L’Italia è un grande Paese e gli Italiani sono usciti da situazioni anche peggiori. In questo momento la nostra percezione all’estero è macchiata dalla paura di un’ombra, ma fa parte della natura umana ed è legittimo. Ne usciremo dimostrando la capacità di aver gestito alla grande un’emergenza sanitaria, di aver fatto quadrato e di esserci aiutati gli uni con gli altri. Con l’auspicio che poi tutti noi ricordiamo bene chi ha fatto cosa e come, decidendo di voltare pagina, perché l’Italia non ha bisogno né di gente politici che rincorrono il consenso agitando le paure più nere della gente né di politici che rincorrono il consenso con proclama vuoti e senza contenuti. L’Italia ha bisogno di uomini di Stato veri e autentici, con visione lungimirante e idee concrete che l’aiutino nel suo meritato rilancio. Il resto, come sempre, lo faranno le italiane e gli italiani che ogni giorno mandano avanti il Paese più bello e più in gamba del mondo!
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